Il digiuno
“Il cibo è la benzina del nostro corpo”.
Tutti abbiamo sentito più e più volte questa frase, da una mamma che ci vuole convincere a mangiare, da un medico che ci sprona ad alimentarci dopo un intervento o da qualsiasi altra persona che vuole sottolineare l’importanza di una alimentazione costante, nutriente e sana.
Ma cosa succede se priviamo il nostro corpo, la macchina perfetta per eccellenza, del cibo, la sua unica ed efficientissima benzina?
Le modificazioni sono fisiche, metaboliche, mentali, psicologiche.. ma prima di avventurarci nella spiegazione del “che cosa succede se non mangio”, dedichiamoci al “perché ho deciso di non mangiare”.
I motivi della scelta di “abbracciare” il digiuno possono essere molti e molto differenti tra loro.
In questo articolo non tratteremo i casi in cui viene scelto di digiunare a causa di una malattia psichiatrica, come ad esempio l’anoressia nervosa, ma in uno dei prossimi articoli tratteremo questa patologia nello specifico.
Molte persone attuano il digiuno per motivi politici, come forma di protesta; in questo ambito siamo soliti usare il termine “sciopero della fame” e ricordiamo tra i tanti “digiunatori” Ghandi e il nostro compaesano Pannella.
Molte religioni invece adottano il digiuno come metodo per “pulire il proprio corpo e la propria anima” al fine di espiare i proprio peccati con questa penitenza, oppure digiunano allo scopo di rafforzare le loro richieste al divino/ai divino.
Anche la medicina alternativa è molto attratta dal digiuno, poiché si pensa che con una prolungata astensione dagli alimenti l’effetto benefico sul corpo, e su eventuali stati patologici, sia più che rilevante e permetta all’organismo di purificarsi da tutte le sostanza estranee, così da ottenere un terreno fisiologico “pulito” sul quale virus, germi e batteri non possono proliferare.
Entriamo ora nel vivo del nostro articolo per parlare dei suoi effetti sul nostro organismo.
In seguito ad un breve periodo di digiuni, come dopo la notte, il nostro fabbisogno energetico quotidiano è coperto dal catabolismo del glicogeno. Il glicogeno è un polimero del glucosio (una molecola composta da tante molecole di glucosio legate tra loro) che funge appunto da riserva energetica glucidica e viene immagazzinato soprattutto nel muscolo scheletrico e nel fegato.
Durante il sonno, e quindi il digiuno, i livelli insulina prodotta dal pancreas diminuiscono di molto e allo stesso tempo aumentano i livelli del glucagone, altro ormone secreto dal pancreas, che funge da attivatore del catabolismo del glicogeno: a questo punto il glucagone stimola il fegato e il muscolo scheletrico a liberare glicogeno affinché venga scisso nelle sue piccole molecole di glucosio che lo compongono, così da permettere al nostro organismo di ottenere da esse l’energia necessaria alle funzioni vitali.
Ma ahimè le scorte di glicogeno del nostro corpo non sono infinite e, se il digiuno si protrae per circa 2-3 giorni, le scorte di questo utilissimo polimero si esauriscono ed entra in gioco la neoglucogenesi: essa è un processo metabolico grazie al quale nei momenti di necessità dovuti a carenza di glucosio nel sangue (glicemia) un composto non glucidico viene trasformato in glucosio.
È sempre il fegato il protagonista di queste trasformazioni, ma in questo caso il glucosio di nuova produzione viene sintetizzato a partire dagli aminoacidi che derivano dai muscoli: a stimolare la neoglucogenesi e il catabolismo delle proteine al fine di ottenere glucosio è l’ormone cortisolo (prodotto dalla ghiandole surrenali) insieme al GH (l’ormone della crescita, secreto dalla adenoipofisi) che aumenta la neoglucogenesi.
Come è evidente la neoglucogenesi porta ad una deplezione della massa magra dovuta all’utilizzo di aminoacidi per produrre glucosio, cosa non vantaggiosa per il nostro organismo che perde muscolo scheletrico essenziali per gran parte delle funzioni vitali. Per questo motivo, parallelamente all’utilizzo degli aminoacidi nella neoglucogenesi, il nostro organismo aumenta gradualmente la scelta dei lipidi come carburante corporeo in modo da far terminare rapidamente la deplezione delle proteine muscolari. Dall’utilizzo degli acidi grassi ottenuti dai lipidi ne deriva un innalzamento dei corpi chetonici nel sangue: essi si producono con la chetogenesi, la via per ridurre il consumo di proteine utilizzate per la gluconeogenesi in caso di digiuno prolungato e per fornire energia al sistema nervoso centrale sotto forma di beta-idrossibutirrato e acetoacetato.
Passata la prima settimana di digiuno, il livello dei corpi chetonici nel sangue (chetonemia) aumenta di molto e anche il cervello, che in condizioni di normalità consuma circa 100-160g di glucosio al giorno, comincia ad utilizzare come fonte di energia principale questi corpi chetonici.
Quindi possiamo affermare che la chetosi è il meccanismo principe che il nostro copro utilizza per sopravvivere in caso di digiuno prolungato.
In aggiunta a questo processo, per diminuire la spesa energetica necessaria alla sopravvivenza, la tiroide (se non sai cos’è e a cosa ci serve, vai a leggere il nostro articolo: “LA TIROIDE: COME AGISCE SUL NOSTRO METABOLISMO”) comincia a ridurre la produzione dei suoi ormoni, grazie anche alla necessaria riduzione della funzione muscolare dovuta ad un aumento del tempo di rilassamento a causa del diminuito trasporto di elettroni, e del deficit ossidativo, nei mitocondri.
In conclusione, il digiuno inteso come totale e prolungata privazione volontaria degli alimenti, non è una saggia scelta per perdere peso o per altri motivi legati all’attività fisica, alla “detossificazione” del corpo o qualsiasi altro motivo che spesso sentiamo dire. L’utilizzo di uno studiato e utilissimo, in determinati casi, tipo specifico di digiuno, il digiuno intermittente, lo tratteremo insieme nel nostro prossimo articolo.
Di Riccardo Alfieri